Nuovo marchio collettivo di qualità
Si chiamano vini eroici perché i vignaioli che li producono hanno sfidato e tuttora sfidano ogni genere di avversità pur di farli finire in bottiglia. Condizioni climatiche ai limiti del proibitivo. Ma anche situazioni orografiche da free climbing. O collocazioni dei vigneti buone per il gioco dell’oca o la caccia al tesoro. Eppure c’è ancora chi osa al limite della praticabilità pur di proseguire con tradizioni altrimenti destinate a scomparire.
È soprattutto a costoro che il Cervim (Centro di Ricerche, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana) ha pensato quando ha deciso di istituire il marchio collettivo di qualità “Viticoltura eroica”: di esso potranno fregiarsi tutte quelle bottiglie che avranno soddisfatto i requisiti fissati per poter entrare a far parte di una famiglia così blasonata, ora, ma soprattutto così scomoda. Ovvero quelle che conterranno vini prodotti da vigne ubicate su terreni con pendenza superiore al 30%, oppure collocate ad un’altitudine media superiore ai 500 metri, oppure distribuite su terrazze o gradoni, oppure coltivate su piccole isole. Tutte situazioni estreme, che evocano tutto tranne che il nettare di Bacco. Eppure molti sono i produttori che non si sono dati per vinti e hanno voluto lanciare la loro sfida ad una natura in questo caso sì davvero matrigna. Oltre 200mila sono infatti le aziende che in tutta Europa lavorano in simili condizioni, 15mila le cantine artigianali, per 100mila ettari di vigneti che costituiscono solo il 3% dell’intera superficie vitata europea. Per questo serviva qualcosa che garantisse maggiore protezione, ma soprattutto maggiore visibilità. Più del 30% del vino prodotto da queste aziende infatti viene venduto direttamente in cantina, segno che i canali di distribuzione, per loro, sono ancora piuttosto ristretti, ancorati, come del resto le procedure produttive, ad una tradizione che però rischia di diventare una zavorra più che un volano. «E’ importante diventare riconoscibili – ha spiegato Roberto Gaudio, neo eletto Presidente del Cervim – Il marchio vuole diventare un modo per dichiararsi, per ricordare che un prodotto ha una storia, una identità, è l’espressione unica della cultura dei luoghi di provenienza. La viticoltura eroica assume una straordinaria importanza perché contribuisce a tutelare e preservare molti aspetti culturali, sia materiali che immateriali: dal paesaggio alle tradizioni, dalla biodiversità viticola alle tecniche di coltivazione, in grado di rendere accessibili zone impervie e altrimenti improduttive».
Si tratta di un’operazione studiata a tavolino, dunque, con la quale tutti gli operatori interessati auspicano un salto di qualità soprattutto a livello informativo. Gli addetti ai lavori e gli appassionati sanno infatti che i vini prodotti in condizioni ambientali estreme, e per questo definiti un po’ pomposamente “eroici”, finiscono per costare decisamente di più rispetto a vini simili, prodotti però in campagne sulle quali è possibile operare senza venire penalizzati dall’impervietà del terreno. Se il consumatore ignora questo fondamentale passaggio, e cioè che il surplus di costo è legato proprio alle oggettive difficoltà di produzione, difficilmente può operare una scelta a ragion veduta. Ecco perché il Cervim ha elaborato una proposta sostanzialmente condivisa da tutti i produttori eroici. La presenza del nuovo marchio sulle etichette dovrebbe servire a comunicare ai consumatori tutto questo: e cioè che il vino contenuto nelle bottiglie “eroiche” è un prodotto qualitativamente significativo, dalle caratteristiche organolettiche il più delle volte uniche; che si tratta di vino prodotto da vitigni autoctoni salvati dalla scomparsa proprio grazie al lavoro di questi caparbi vignaioli; che è un vino in grado di trasmettere il valore delle emozioni dei paesaggi che evoca la sua stessa denominazione di origine.
E in questo fino ad ora gli “eroici” non si sono attivati molto: basti pensare che, nonostante la maggior parte dei vini in questione venga prodotta in zone di grande fascino naturalistico e di straordinario richiamo turistico, solo il 3% di essi riporta in etichetta accenni eloquenti al paesaggio di cui sono espressione. Un plusvalore quasi sottointeso che invece è stato clamorosamente ignorato per anni, anche se viticoltura e turismo, proprio in quegli ambiti, avrebbero dovuto darsi una mano l’un l’altra. Ecco perché il Cervim ha deciso di prendere in mano la situazione e di mettere a disposizione di tutte le aziende in possesso dei rigidi requisiti di iscrizione al Centro un nuovo strumento in grado – è questo l’auspicio – di implementare negli appassionati la percezione della straordinaria specificità dei vini “eroici”. Un obiettivo raggiunto dopo anni di confronti e discussioni, anche animate, fra i soci, alla fine convinti della necessità di doversi ritagliare, in un mercato che ormai non fa più sconti a nessuno, una posizione consolidata da cui ribadire la loro straordinaria – “eroica” – specificità.