Difficili da reperire, costosi come un motorino della Piaggio e tanto differenti dal parente magro e deperito.
Diciamocela tutta, ci siamo un po’ “infighettiti”.
Cerchiamo di partire bene: non è una guerra tra Guelfi e Ghibellini o tra Montecchi e Capuleti.
Non credevo ma effettivamente, dopo parecchie degustazioni accompagnato anche dai palati di esperti più che affermati, ho notato che oramai tendiamo a schierarci o dalla parte di Bordeaux o da quella di Borgogna, una via di mezzo è impensabile come se la bocca non potesse più adattarsi.
Anche io ultimamente sono come una lancetta impazzita, ma sicuramente non ho intenzione di schierarmi né da un lato ne dall’altro.
Ovvio che stiamo parliamo di due stili nettamente opposti: il Bordeaux è come un alto-borghese, un ufficiale di cavalleria, un libertino amante della bella vita e proviene da un assemblaggio di più vitigni.
I vini di Borgogna invece sono contadini, se vogliamo figli di un concetto clericale, provengono da un unico vitigno e sono incasinati come pochi con tutti quei micro appezzamenti.
Insomma due scuole di pensiero opposte.
Però Bordeaux è il simbolo dell’immortalità dei vini rossi, la Borgogna no.
E’ la zona di riferimento per tutta l’enologia mondiale. A Bordeaux esiste una facoltà di enologia che ha di fatto creato le tecniche di produzione del vino di qualità che si sono poi diffuse in tutto il mondo.
E’ senza dubbio lo stile più copiato, forse anche quello più facile da copiare.
Quando parliamo di tecniche innovative ci riferiamo a tecniche adottate da pochi decenni ma che a Bordeaux sono in uso da secoli come ad esempio l’uso della barrique. Non è un’innovazione per i Francesi perché da loro si è sempre utilizzata.
I vini di Bordeaux che una volta erano considerati senza dubbio i più grandi vini in assoluto, oggi si trovano mediaticamente offuscati in alcune situazioni del Pinot Nero, meglio se di Borgogna.
Ora, non incominciamo a fare paragoni senza senso perché non si possono neanche comparare questi due stili, non sono neanche ampelograficamente parenti non fosse che abitano tutti e due in Francia.
Ma perché il Pinot Nero sta attirando l’attenzione dei consumatori in maniera così esponenziale?
Mah, che dire: prezzo (in alcuni casi più abbordabile), stile (più leggero, fruttato, forse più adatto anche al momento storico che stiamo attraversando anche sul piatto), reperibilità (si investe molto di più in Borgogna che in Bordeaux ultimamente), velocità di invecchiamento (i Pinot Neri evolvono più velocemente e sono pronti prima, non sono assolutamente vini da lungo invecchiamento), investimento (Bordeaux è mediamente più costoso di un buon Borgogna e investire su Bordeaux inizia ad essere molto oneroso) e non per ultimo la tendenza che diventa moda (attenzione, riflessione non da poco).
La moda ovviamente passa ma lo stile rimane e quello di Bordeaux sarà per sempre intramontabile.
Nell’ultimo anno ho assaggiato una serie di grandi vini provenienti da Bordeaux, ne ho scelti 5 che mi hanno particolarmente impressionato:
Chateau Lafite Rothschild 1975: Che roba! sotto certi aspetti ancora chiuso; naso vibrante e più che vivo. Cedro, spezie, cioccolato, caffè, ancora frutta fresca matura. E poi in bocca questo tannino splendente, un vino di grande spessore ancora lungo sul finale. Una delle vendemmie migliori nel decennio 1970-1980.
Château Léoville Las Cases 1989: Immortale! eleganza assoluta. Naso perfetto, pulito, nitido, frutta e note tostate su tutte. Si apre con la giusta
riduzione tipica di questo vino e poi esplode. Tannini fitti, lisci e levigati, a tratti carnoso. Un grandissimo vino e un’annata stupenda.
Château Lagrange 1982: Anche qui una grande sorpresa: un vino eccezionale. Scuro e chinoso anche come frutta (ovviamente piccola). Grandi note speziate, soprattutto liquirizia e tabacco dolce. La bocca è un treno: potente e lunghissimo, non si ferma più. La bevibilità ancora più sorprendente. Un’annata storica e una lunga vita ancora davanti.
Château La Mission Haut-Brion 1995: Anche qui secondo me una grandissima annata, un’annata che ricorda gli anni ’70. Tannini fitti ma grande frutta, una frutta elegantissima e una pulizia incredibile. Note carnose e fumose completano il quadro di questo vino. Un vino immortale, fin troppo giovane ancora, ma che buono!
Château Haut-Brion 2001: La parte vellutata è sempre stata la caratteristica di questo vino. Un grandissimo vino ovviamente molto giovane ma con potenzialità incredibili. Al naso prevalgono oltre alle note speziate, tabacco e liquirizia su tutti, frutta densa e scura. In bocca è teso, fresco ed austero. Un vino spettacolare.