La botanica di Bolgheri non dimentica i cipressi che Carducci celebrava in rime nella poesia “Davanti San Guido”.Pur avendoli sostituiti numericamente con le viti, i cipressi ancora costeggiano la strada che porta fino al borgo di Bolgheri.
Il cambio paesaggistico muta a partire dal dopoguerra, quando l’allora marchese Incisa della Rocchetta inizia a piantare Cabernet.
Per un po’ lo vinifica e poi decide, sul finire degli anni ’60, di venderlo: nasceva il Sassicaia. Per alcuni un rinnegato rispetto alla toscanità del Sangiovese (anche se poi nella Doc Bolgheri se ne può utilizzare fino al 50% del totale del blend), per altri un anticonformista che ha dato il via a una tipologia: il Supertuscan. Il mito ha bisogno, per legittimarsi, di mitologia.
Quella dei Supertuscan nel tempo si è riempita di superman, ma anche di tanti Superpippo. Alla prima categoria appartengono, senza dubbio, i vini di Bolgheri. Il merito va a quella serie di valutazioni che portarono, con largo anticipo sulle mode, alla scelta varietale di Cabernet e Merlot. Meteo con mare che mitiga anche le stagioni più fredde, e la montagna: si tratta in realtà di colline, che proteggono dai venti freddi dell’Appennino, ma che, grazie alla loro disposizione parallela alla costa, creano un corridoio attraverso cui passano quelle correnti che rinfrescano i vigneti nei mesi estivi. L’accusa di esterofilia che poteva essere mossa ai vini che qui si producono, naufraga grazie a quella convivenza, sempre più convinta e convincente, che abbraccia vitigni internazionali e territorio di Bolgheri ormai da oltre mezzo secolo. Assaggiandoli si assiste alla riprova che non si tratta di copie in salsa bordolese, ma di etichette che per certi versi ‘mediterraneizzano’ l’uvaggio bordolese. Un binomio, alle volte anche trio, di uve dall’aristocratica parentela transalpina, che qui trova lo stesso blasone grazie anche alla scelta di numerosi casati nobili del vino italiano, che proprio a Bolgheri decisero di produrre le proprie etichette. Il merito di Antinori, Frescobaldi, Incisa della Rocchetta, Banfi, e altre grandi realtà imprenditoriali è stato quello di non fagocitare il ricco humus di piccole realtà che continuano a lavorare a Bolgheri. Il mix di ‘ricchi e poveri’ – o se preferite di piccoli e grandi – canta, con intonazione e soprattutto con buona armonia. La stessa che ha fatto crescere in maniera costante il territorio nel suo complesso, grazie anche ad uno spartito, se non uguale almeno condiviso, relativo a vitigni utilizzabili (solo Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot possono essere utilizzati dallo 0 al 100% dell’uvaggio) e tempistiche di affinamento. Se il Bolgheri Rosso Doc può essere messo in commercio l’anno successivo alla vendemmia, il Bolgheri Rosso Superiore Doc può uscire sul mercato con due anni di affinamento di cui almeno uno in rovere. Unica eccezione per chi ha reso possibile che Bolgheri salisse alla ribalta enologica nazionale: Tenuta San Guido. Il suo Sassicaia, vino che in alcuni casi ha valicato i confini, almeno in rapporto alla fama, della denominazione per diventare esso stesso espressione di una categoria a se stante, gode di una tutela assolutamente unica. Lo ribadisce la Bolgheri Doc Sassicaia, di fatto composta da una sola azienda (Tenuta San Guido), che utilizza almeno l’80% di Cabernet Sauvignon e un affinamento di due anni di cui almeno 18 mesi in barriques. Questi punti fermi hanno permesso che le singole aziende si muovessero su un canone espressivo che valorizzasse maggiormente il cru o la zona di produzione, ad esempio più o meno vicino al mare, senza contare poi le differenze geologiche, oppure lo stile scelto dal produttore. Una personalizzazione del vino che tuttavia non fa mai scomparire lo stile di un territorio che non fa il verso a nessun’altro, pur potendo vantare dei ‘versi in rima’ sul suo paesaggio, oltre a quella poetica liquida – intendo dire il vino – che lo rende riconoscibile quanto unico.
Sassicaia 2013
Base Cabernet per un vino che non ha nulla fuori posto. Nessun accenno verde, caratteristica negativa che spesso affligge l’assaggio di altri vini a base Cabernet. I descrittori sono superflui, visto che ognuno ci troverà tanto, in un vino che esprime una paletta gustativa che ha praticamente tutto. Da chi ha cominciato la saga dei vini di Bolgheri, un vino sempre in grande spolvero. Costa, ma vale.
96/100
Masseto Igt Toscana
Masseto 2013
Solo Merlot in un’annata in cui questo vitigno si esprime qui piuttosto bene. Frutto (mirtillo), spezie dolci (cacao) e toni balsamici di liquirizia e anice stellato. In mezzo tante sfumature gustative, nel finale un tannino monumentale, non perché potente, ma perché richiederebbe un monumento per quanto è estratto a dovere. Si produce nella Tenuta dell’Ornellaia, anche se da poco sono cominciati i lavori di una cantina dedicata alla sola produzione del Masseto.
94/100
Podere Sapaio Bolgheri Superiore
Sapaio 2013
Fragolissima al naso che in bocca cambia pelle, diventando un frutto più scuro, sempre giocato sull’equilibrio tra acidità e dolcezza. Niente sbadigli da scarsa complessità, perché anche in giovane età questo vino mostra, specie da media bocca in avanti, un profilo speziato (cannella e chiodo di garofano) accanto ad uno balsamico (anice). Tannino presente ma ben amalgamato. L’eleganza di questa etichetta è merito dei terreni sabbiosi e calcarei che caratterizzano i vigneti aziendali.
93/100