Le abbuffate sono uno degli argomenti più spinosi in campo nutrizionale ed è per questo che oggi lo voglio affrontare, senza, ovviamente, avere la pretesa di essere esaustivo. Cercherò comunque di offrire qualche spunto di riflessione, in modo poi che ciascuno possa far tesoro di qualcosa rapportandolo personalmente alla sua esperienza.
Fermo restando che, nel meccanismo delle abbuffate, c’è sempre una componente psicologica più o meno predominante, non posso qui entrare nel dettaglio di questa componente. Voglio invece partire da un punto fermo: nell’abbuffata non esistono mai sfumature di grigio; esiste sempre il tutto (e tanto) o il niente. L’abbuffata è proprio il culmine (negativo) di un comportamento alimentare in cui estremizziamo questo atteggiamento. Se ci piace un alimento (per esempio il cioccolato) nella nostra testa pensiamo che sia meglio privarsene. O ce ne priviamo totalmente, o ci strafoghiamo: sappiamo benissimo che da un punto di vista calorico-metabolico non è un cioccolatino che compromette l’andamento di una dieta dimagrante, eppure il potere psicologico di questo alimento (o di altri a noi molto graditi) è tale che se solo ne assaggiamo un po’, nella nostra testa dipingiamo scenari apocalittici, ci colpevolizziamo, pensiamo di aver mandato tutto all’aria; contemporaneamente alla nostra autofustigazione, addentiamo un altro cioccolatino e poi un altro ancora.
Scateniamo l’abbuffata, in un misto di emozioni: l’ebbrezza di gusti proibiti, la perdita di controllo e la forse inconscia punizione che ci affliggiamo per essere stati deboli, quasi pensando che l’abbuffata sia il giusto prezzo da pagare per quella che era un’innocente tentazione, che se fosse rimasta tale non avrebbe avuto conseguenze né fisiche né psicologiche.
La suddivisione mentale di “cibo permesso e cibo proibito” è sicuramente la causa di molte abbuffate (e per questo sono quindi colpevoli tutti quei regimi alimentari che demonizzano o eliminano qualcosa!), ma non è l’unica. Ce n’è un’altra, più attinente a questioni meramente fisiologiche, e si chiama omeostasi. L’omeostasi è quel sottile equilibrio organico che il nostro corpo tenta di preservare anche in situazioni estreme, ed ha a che fare con qualsiasi sua funzione o qualsiasi suo distretto corporeo: il brivido è, per esempio, la risposta omeostatica al freddo; la sudorazione è la risposta al caldo; l’aumento della fame è la risposta alla privazione! Il nostro corpo ha bisogno di un equilibrio dei macronutrienti tale per cui diete troppo restrittive innescano le abbuffate come meccanismo di risposta ad una situazione che l’organismo vive come “carestia”.
Ma allora, c’è un modo per difendersi da tutto questo? Ecco alcuni consigli: prendeteli per ciò che sono (consigli!) e non come la facile soluzione del problema; usati come spunti di riflessione e certamente potrete trovare una migliore posizione per affrontare il problema.
a) Innanzitutto aggiungiamo, non togliamo!
Spesso (e discutibilmente) quando ci si mette a dieta si tagliano completamente alcune categorie di cibo: abitudine sconsideratamente pericolosa in cui si ha un brutto rapporto con il cibo, perché non si farà altro che aumentare il desiderio di quegli stessi alimenti che ci sono proibiti. Non sottovalutiamo il potere psicologico del cibo: se siamo a rischio di abbuffate, non è assolutamente il caso di sottoporci allo stress della rinuncia totale di un determinato alimento.
b) Consumiamo cibi “pericolosi” in situazioni che offrano deterrenti.
Purtroppo bisogna tener conto anche dell’altro lato della medaglia: per alcune persone esistono degli alimenti che rappresentano un pericolo di abbuffata sia quando totalmente assenti (perché innescano il desiderio compulsivo) sia quando sono “consentiti” perché se ne vorrebbe una quantità sempre maggiore rispetto a quella lecita: non è sufficiente “un biscotto”, se ne voglio 10-15.
Altro esempio. Esistono alimenti che fin da quando eravamo piccoli associamo a qualcosa di molto gustoso ma da mangiare con moderazione perché – come ci ricordava la mamma o la rivista di benessere di turno – “fanno male”: la pizza, il pane, i formaggi, le fritture. Anche inserendo tali alimenti in un contesto di alimentazione consapevole, vale a dire senza demonizzarli, c’è il rischio che la loro atavica connotazione negativa spinga ad un’abbuffata, come se appena sotto il proprio conscio si avesse la sensazione di mangiare quel qualcosa di proibito che fa scattare il ben noto meccanismo del “…tanto ormai!”.
Un buon compromesso in questi casi è organizzare un’uscita con amici o parenti per mangiare con loro la pizza (o qualsiasi altro alimento pericoloso): assoceremo al momento goloso la situazione conviviale, e la presenza di altre persone farà da freno ad una nostra eventuale compulsione successiva.
Senza privarci di nulla, facciamo in modo di consumare gli alimenti più tentatori nelle occasioni in cui la presenza di altre persone farà da deterrente alla nostra abbuffata: in questo modo non rimarremo con la voglia del dato alimento, ma allo stesso tempo gli avremo impedito di essere pericoloso. Sfruttiamo merende con le amiche per una cioccolata con panna, pomeriggi di studio in compagnia per i biscotti, cene fuori per la pizza, pranzi di famiglia per lasagne o cannelloni. Non facciamoci cogliere impreparati: scegliamo preventivamente di mangiare qualcosa di pericoloso, perché se usciamo di casa pensando di ‘resistere’ e poi – sulla scorta delle insistente altrui – cediamo alla gola, ci sentiremo deboli e sconfitti, più vulnerabili; invece, avendo preventivato lo sgarro, ci sentiremo autorizzati a goderne: purtroppo l’abbuffata risente fortemente della nostra coscienza, come se ci fosse un giudice superiore che ora permette, ora nega.
Cerchiamo di fare in modo che l’occasione in cui sgarrare si protragga per un tempo sufficiente a debellare la nostra frenesia: se abbiamo un brutto rapporto con il cibo potremmo “fare i bravi” finché siamo in pubblico, ma rinchiuderci in cucina non appena torniamo a casa.
c) Programmiamo “bonus” a frequenza giornaliera, settimanale o bisettimanale.
Beninteso che in caso di disturbo alimentare conclamato è assolutamente controproducente intraprendere una dieta dimagrante prima di averlo completamente risolto; se il nostro problema di abbuffate soggettive è di piccola entità, il mio suggerimento è quello di iniziare la dieta inserendo un ‘bonus’ che ce la faccia pesare meno.
La frequenza e la consistenza dello ‘sgarro’ sono da valutare individualmente: c’è chi si sente più tranquillo con 20 grammi di cioccolato al giorno, e chi invece preferisce avere una cena completamente libera a settimana. Se il resto della dieta è ben calibrato, vi assicuro che non sono questi extra a frenare il vostro dimagrimento.
d) Mangiamo piano.
Qualsiasi pasto stiate facendo e qualsiasi sia il vostro stato d’animo, mangiate piano e masticate a lungo; concentratevi sul cibo. Lasciate il cellulare e il pc in un’altra stanza, spegnete il televisore e cercate di mangiare in un’atmosfera serena.
e) … e per finire: siate gentili con voi stessi e non abbiate fretta: correggere un brutto rapporto con il cibo è un percorso che presenta qualche passo a gambero: tre avanti, uno indietro.
Siamo realistici: non è possibile interrompere di punto in bianco un ciclo di abbuffate che dura da anni, delle cadute ci saranno sempre!
Lo spazio è tiranno: tante cose ci sarebbero da dire, ma, magari, ne riparleremo. Intanto: godetevi la buona tavola, il cibo, la compagnia e sperimentate un equilibrio che vi renda soddisfatti! Mai alzarsi da tavola con un rimpianto o con un senso di colpa!