Ambasciatore mondiale della cucina peruviana
I nostri gusti sul cibo sono strettamente correlati alle nostre reminescenze dell’infanzia. Le sue memorie al riguardo?
I ricordi sono gli ingredienti più importanti in cucina. Io mangiavo il nostro tradizionale cebiche, ossia pesce e crostacei crudi marinati con il succo di cedro, sulla spiaggia. Il profumo del chupe de camarones la domenica (zuppa di gamberi e ali panca, in concentrato di pomodoro), rientra tra i miei vividi ricordi di un tempo. Aggiungerei calamari fritti con aglio, peperoncini rossi e cedro, poi causa limeña, un supplì di patate e tonno, come merenda del doposcuola, ma anche anticuchos o kebabs di cuore di manzo, cibo di strada peruviano.
Suo padre è un politico e sperava che lei avrebbe seguito le sue orme. Quando e perché ha deciso invece di diventare chef?
Sono nato per fare lo chef. Era il mio destino. Dall’età di otto anni leggevo libri di cucina, andavo al mercato con mia madre e sognavo i ristoranti dove sarei andato la domenica con la mia famiglia.
Lei ha studiato al “Cordon Bleu” di Parigi, ma sembra che poi sia tornato subito a Lima senza rimanere a lavorare in Europa. Mi potrebbe descrivere brevemente l’inizio della sua carriera in cucina?
All’inizio ho studiato in Spagna e poi ho fatto degli stages in due ristoranti con stelle Michelin a Madrid (“Irizar” e “Juan de Alzate”), che oggi non esistono più. Poi mi sono trasferito a Parigi, dove ho effettuato altri stages. Ho quindi lavorato come chef a “La Grand Cascade” (che ha chiuso) e a “Je thé…me”, dove ho imparato tante cose.
Chi è stato suo mentore? Che cosa ha imparato da lui o da lei?
Io ho avuto diversi mentori durante la mia carriera. Quello decisivo per me è stato Juan Mari Arzak.
Lei è considerato il padre della Cocina Novoandina. Può descriverla?
La cucina peruviana è molto diversa tra una regione geografica ed un’altra. La Cocina Novoandina rappresenta il mio adattamento moderno di piatti tradizionali peruviani.
La sfida consiste nell’aggiornare la nostra storia e la nostra biodiversità per creare nuovi gusti e nuovi piatti. I miei piatti sono peruviani, moderni, e connessi sia alla natura che alla società di oggi.
Lei ha sempre lavorato insieme ad Astrid, sua moglie tedesca; come dividete i compiti?
Astrid è responsabile per la sala e per i dolci.
Lei è proprietario di circa 30 ristoranti sparsi per il mondo, in Sud America, negli Stati Uniti ed in Europa: una lista completa della loro ubicazione?
“La Mar” a Miami, San Francisco, San Paolo, Santiago del Cile, Bogota, Lima, e tra poco a Buenos Aires; “Tanta” a Chicago, Barcellona, Madrid, Guayaquil in Ecuador, Santiago del Cile, e Lima; “Panchita” a Lima; “Astrid Y Gastón a Lima, Città del Messico, e Bogota; “Madam Tusan” a Lima, Santiago del Cile e Bogota; “Papachos” a Lima e Cusco; “Chicha” a Cusco e Arequipa; e “Los Bachiche” a Lima.
Nel prossimo futuro a Lima aprirò una mia versione di uno steak-house. Il menù includerà tanti tipi di carne alla griglia, ma anche cebiche ed altri snack di pesce crudo alla peruviana. Al bar offrirò tante birre artigianali e panini. Si chiamerà “Los Vallentes” che significa “I Coraggiosi”.
Circa trenta ristoranti sono un impero; quanto spesso riesce a visitarli?
In ogni ristorante conferiamo le responsabilità ad un giovane socio, uno chef che è stato formato per essere un capo. Noi gli insegniamo a prendere le redini in mano e ad essere l’immagine del suo ristorante. Io poi vado ogni tanto ad incoraggiare ogni squadra.
Le qualità essenziali per essere top chef?
Curiosità, umiltà, generosità, sensibilità, passione, perfezione.
Per essere top ristoratore?
Le stesse qualità.
In poche parole come definirebbe la sua cucina?
Peruviana, moderna, umana.
Le sue specialità?
Pulpo anticucho, sacha cilantro, e cebiche di ricci di mare.
L’aspetto del suo lavoro che ama di più?
La possibilità di soddisfare i miei ospiti e renderli felici.
Di meno?
Lo stress nel cercare di soddisfare i miei clienti e renderli felici.
La sua filosofia culinaria?
La ricerca costante di una novità che si addica alla cucina e alla bellezza e di cui possa beneficiare la gente, l’ambiente e la società in generale.
Quali sono le ragioni del suo successo?
La cucina peruviana offre una miniera d’ingredienti favolosi. Il nostro successo consiste non tanto nell’essere proprietari di diversi ristoranti, quanto nella possibilità di rappresentare la cultura gastronomica peruviana nel mondo.
Dato che da alcuni anni viene da noi, quali chef italiani ammira?
Massimo Bottura, Davide Scabin, Fulvio Pierangelini.
Un ristorante in Italia che le piace particolarmente?
Osteria Francescana.
Altri chef e ristoratori non italiani che ammira e perché?
Ferran Adrià per la creatività; Alex Atala per il suo impegno; Enrique Olivera per la sensibilità; Andoni Luis Aduriz per la filosofia; e Joan Roca per il talento.
Un piatto che non le piace?
Tutti quelli presuntuosi.
I suoi vini preferiti?
L’ultimo bevuto.
Il suo dolce preferito?
“Picarones” peruviani.
Che cosa non manca mai nel suo frigorifero di casa?
I peperoncini rossi peruviani e aji.
Dove ama andare in vacanza?
In un posto nuovo per ogni vacanza.
Lei è uno chef di fama mondiale, eppure ha ricevuto recensioni negative e ha chiuso il suo ristorante a New York. Qual è stata la sua reazione alle recensioni negative: di rabbia o di sfida?
Di sfida. Non si finisce mai di imparare. Gli esami non finiscono mai.
Conserva un sogno nel cassetto per il futuro?
Far sì che la cucina diventi come una delle armi più potenti per la pace, la fraternità e la felicità nel mondo.