“Siamo in un film”: oramai le nostre storie del mondo del vino partono tutte in questo modo. Immaginate un film-scandalo, quelli in cui un fumatore decide di attaccare giuridicamente una multinazionale del tabacco, oppure un ospedale o addirittura il governo degli Stati Uniti (diciamo Stati Uniti perché sono una superpotenza a livello mondiale e perché l’improbabilità della riuscita è altissima).
Però questo film non è stato girato negli Stati Uniti, ma è una produzione Italiana, un film di buona fattura.
Ora, immaginate un importante produttore di vino (ovviamente non parliamo di una cantina sociale con milioni di ettolitri prodotti e fatturati da capogiro) che decide di citare in giudizio non una multinazionale colosso mondiale della farmaceutica come nei film scandalo che raccontavamo prima, ma un produttore di sughero, per l’esattezza un produttore di tappi da vino: storie così in Italia esistono, perché questa è la storia di Elio Altare e del problema di tappo della sua annata 1997.
La Gazzetta d’Alba numero 21 del 23 maggio 2001 recita così:
Ha preso inizio il 18 maggio, presso il Tribunale di Alba, la vicenda giudiziaria che dovrà stabilire quali furono le cause che danneggiarono il Barolo annata 1997 del produttore Elio Altare di La Morra, così gravemente da essere ritirato dal mercato.
Ma partiamo dall’inizio; cos’è la TCA? Il Tricloroanisolo è il nome con il quale viene chiamato uno degli isomeri clorurati dell’anisolo, ovvero un composto aromatico che presenta un metossido unito all’anello del benzene: così recita Wikipedia.
Detto ciò, effettivamente solo un chimico sarebbe in grado di tradurre il problema che stiamo cercando di raccontarvi, ma in parole povere parliamo della sostanza che conferisce il cosiddetto “sentore di tappo” al vino.
Il principale responsabile di questo difetto è l’Armillaria Mellea, ovvero un fungo parassita della quercia da sughero che cede al vino il tipico odore di muffa o di ambiente bagnato.
Ma torniamo alla nostra storia: il fattaccio è successo all’annata di Barolo 1997 e circa 30.000 bottiglie già prenotate per la maggior parte, sono state ritirate dal commercio proprio per questo problema.
L’associazione Sommelier Piemonte racconta: “Su 36 bottiglie assaggiate, 24 erano difettose, 8 sospette, solo 4 a posto”.
Fonti attendibili raccontano di un danno importantissimo, di più di due miliardi di lire (si parlava ai tempi ancora di lire), proprio per questo motivo: il vino sapeva di tappo.
Facciamo un passo indietro. Perché il vino viene ritirato immediatamente da Elio Altare? Una sua intervista racconta che il rispetto verso il cliente è fondamentale. Propinare un prodotto che può avere problemi per lui è deontologicamente scorretto verso un mercato che ha da sempre apprezzato i suoi vini e che l’ha eletto come un punto di riferimento dell’enologia langarola.
Immaginiamoci al tavolo di un ristorante molto importante e di scegliere un grande vino, magari proprio diElio Altare.
Il sommelier apre la bottiglia, assaggia e ovviamente ritorna immediatamente in cantina alla ricerca di un’altra bottiglia del produttore perché la bottiglia precedente aveva un difetto di tappo, apre nuovamente la bottiglia e si ripresenta ancora lo stesso problema.
Il cliente, alla seconda bottiglia difettosa, opterà quasi sicuramente per un altro vino – io farei così – ed il sommelier spazientito per l’inconveniente potrebbe decidere di non affidare più spazio all’interno della propria cantina al produttore.
Ma è qui che sorge la domanda: è colpa del produttore di vino? No, è colpa del produttore di sughero, per la maggior parte dei casi.
Ora, spostiamoci nuovamente al problema del sentore di tappo.
Le cause perché un vino sappia di tappo si possono riassumere in pochi casi:
1) Sughero non di prima qualità e quindi infettato da Armellaria Mellea.
2) Errore di lavorazione che causa un inquinamento microbico.
3) Eccesso di umidità e mal conservazione.
4) Lavorazioni del sughero sbagliato.
5) Poca igiene in cantina.
Elio Altare, a questo punto della nostra storia, decide di non scendere a patti anche perché le analisi danno ragione a lui, infatti viene scoperto residuo di Tricloroanisolo.
Quasi l’intera produzione risulta inquinata da questo battere.
Ma Altare in fondo è un puro, un signore, e decide di fare qualcosa che pochi avrebbero fatto, ovvero rendere pubblica e mediatica questa storia ed affrontare la situazione a viso aperto.
Molti credono, conoscendolo bene, che la sua battaglia è stata combattuta perché produttori magari meno forti economicamente, in caso di problema analogo, potessero essere maggiormente tutelati e garantiti.
Recita un esposto: Altare è assistito dagli avvocati Alessandro Paganelli, Fabio Garaventa e Gianni Vercellotti, i quali dichiarano: «Il giudice Fabrizio Pasi, su nostra istanza, ha proceduto alla nomina di un consulente tecnico che dovrà verificare il processo produttivo della cantina Altare e le bottiglie dell’annata ’97, al fine di accertare il denunciato vizio di sentore di tappo che, secondo quanto noi sosteniamo, è esclusivamente da attribuire ai tappi acquistati presso un’azienda tedesca. Altare ha tenuto sin dall’inizio della vicenda un atteggiamento di massima trasparenza e correttezza, togliendo spontaneamente dal mercato le bottiglie dell’annata ’97. Il risarcimento non è l’unico nostro obiettivo. Vogliamo creare un precedente a tutela di tutti i produttori e consumatori che hanno espresso grande solidarietà al nostro assistito».
Ma torniamo alla vicenda: Elio Altare, alla fine, ha vinto la sua battaglia. Il professor Mario Ubigli, esperto nominato dal tribunale di Alba, ha svolto una perizia confermando che il danno era causato da colpe imputabili solo al sugherificio.
Il verdetto finale apre ovviamente una nuova pagina nel complicato rapporto tra il vino ed i tappi di sughero dove le responsabilità, finalmente, non sono solo del produttore ma anche di chi fornisce il sughero necessario alla conservazione.
Ovviamente niente e nessuno potrà far dimenticare al mondo che un’annata come la 1997 mancherà dalla bacheca di questo grande produttore, danno molto grave soprattutto per l’importanza del millesimo.
Ma un giorno molti produttori, forse in futuro, dovranno ringraziare Elio Altare per il servizio reso e per aver vinto una battaglia impossibile proprio come nei grandi film americani.