Ok, va bene, questo articolo potrebbe piacere non proprio a tutti ma sembra giunto il momento di fare un po’ di chiarezza sul ruolo degli opinion leader e delle guide nell’acquisto del vino.
La figura del degustatore di vino non è un’invenzione dell’epoca moderna. Già ai tempi dei romani esistevano gli “austores”, i governatori delle cantine, di fatto dei veri e propri assaggiatori.
Ciò nonostante bisogna aspettare fino al 1312 per la nascita della prima associazione di categoria o organizzazione che dir si voglia, merito del re francese “Filippo il bello” che costituì l’organizzazione dei “Sensali – Buongustai – Degustatori di vini”.
Nel 1557 la comparsa della prima guida: “Della natura dei vini e dei Viaggi di Paolo III”, opera di Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III, che analizza e racconta gusto e retrogusto, profumi e aspetto di circa 50 vini selezionati durante i viaggi del Papa e suggerisce anche per ogni vino stagione, stato d’animo e circostanza ideale per gustarlo.
Nel 1793 viene riconosciuta dai lessicografi la figura dell’assaggiatore ovvero colui il cui mestiere è di degustare i vini. Nel 1813 il verbo “degustare” apparve nei testi ufficiali.
Bene, questo è il passato. Parliamo del presente e del futuro che mi aspetto.
La degustazione del vino è la codifica di una quantità di sensazioni e stimoli sensoriali percepiti contemporaneamente oppure in successione.
Il nostro bulbo olfattivo è collegato sia all’amigdala (centro delle emozioni) sia all’ippocampo, area del cervello coinvolta nella memoria.
Dunque emozioni, memoria, sapori ed odori sono strettamente legati tra loro.
Esiste un flusso continuo di sentimenti che scorre parallelo al flusso dei nostri pensieri, come se fossimo dotati di due menti: una che pensa, l’altra che sente. La ragione non domina la percezione delle emozioni sensoriali. Intelletto ed affetto si intrecciano inconsciamente. Se un profumo o un sapore ci evocano dei ricordi, delle sensazioni piacevoli o sgradevoli, il nostro parere su quel profumo o quel sapore non sarà condizionato?
Mi chiedo, il più grande assaggiatore professionista riesce ad interpretare gli stimoli sensoriali e ad analizzare i caratteri organolettici di un vino, tenendo a bada la sua amigdala (centro da cui partono le nostre emozioni – n.d.r.)?
Detto ciò, che senso ha scegliere un vino semplicemente perché ha avuto 3 bicchieri, 5 grappoli, 100/100 o quel che sia? Le guide si basano su un grande paradosso: l’applicazione di un metodo oggettivo che si basa su strumenti soggettivi (i sensi).
Vero è che in Italia abbiamo palati più che autorevoli alla guida delle testate di riferimento del mondo del vino, come per esempio Gambero Rosso, Espresso, Veronelli, le varie associazioni Sommelier, etc..
E’ anche vero che negli ultimi anni sono stati elevati a opinion leader in Italia (cosa che all’estero è di moda da sempre – Robert Parker, Antonio Galloni, Jancis Robinson, James Suckling ed i vari Masters of Wine per citarne alcuni) che non fanno parte di un team ma che giudicano direttamente senza nessun gruppo di lavoro, riportando un giudizio che è la somma del proprio singolo pensiero, e qui potrei citare i vari Luca Gardini, (unico italiano entrato a far parte di Wine-Searcher il più grande motore di ricerca di vino al mondo) oppure Daniele Cernilli tanto, per fare qualche esempio.
Ok, ammesso che ci piaccia un singolo palato o la somma di più palati (curatori e team di selezionatori), la mia domanda (alla quale non sono io a poter dare una risposta anche perché estremamente soggettiva) è la seguente: ma è meglio un singolo palato o la somma di più palati come metro di giudizio per un vino ?
Ma farei un passo indietro e tornerei all’assaggiatore.
Credo che il grande assaggiatore in fin dei conti soffra di una forma di autismo, ma proprio qui, a questo punto della nostra storia, mi pongo una domanda successiva, ovvero: quanto l’autismo degustativo (battezziamolo così) può essere tradotto in qualcosa di concreto.
Mi spiego meglio: un grande degustatore deve avere anche il carattere per poter spingere le proprie idee o i propri giudizi a livello mediatico contro tutto e contro tutti. Attenzione io parlo di carattere non di capacità.
Credo che a volte siano emersi soggetti forse meno bravi sul bicchiere proprio perché in possesso di un carattere più forte di altri considerati più dotati (per esempio, chi ha conosciuto Veronelli personalmente, me l’ha descritto come il più grande combattente ma forse non il più grande palato, anche se parliamo di altri tempi).
Mi pongo anche un’altra domanda da tempo, ma il grande opinion leader deve valutare un vino oggi oppure il ruolo che avrà in futuro?
Ricordiamo che le guide dei vini sono strumenti di divulgazione con fini commerciali e che gli interessi economici sono la rovina dell’umanità. Secondo molti l’ideale sarebbe avere un naso, un occhio e un palato elettronico, un database popolato con dati significativi e un algoritmo che riesca a dare il punteggio veritiero a ciascun vino; secondo me no: si perderebbe ogni significato ed il fascino dell’errore e della visione futura, un po’ come l’elemento elettronico nel mondo del calcio che toglierebbe significato al ruolo dell’arbitro, ovvero il giudizio umano.
E non finisce qui, ma attenzione: non pensate che io ce l’abbia con le guide o gli opinion leader del settore, semplicemente non mi va che vengano considerate come Bibbia della verità, perché in fatto di vino si può parlare sì di qualità – e su questo non ci piove – ma il gusto è assolutamente soggettivo! Se così non fosse basterebbe un solo ed unico inventario, anzi un album delle figurine dei vini d’Italia!
Lascio a voi la conclusione o aumento il vostro dubbio, ma questo è e sarà sempre uno tra i più grandi elementi di discussione del mondo del vino.