Leggendo un articolo di Veronelli negli archivi del La Madia mi sento di dire, con entusiasmo: Avrei voluto conoscere Veronelli.
Durante una giornata in ufficio da Elsa mi viene passato un vecchio pezzo di Luigi Veronelli arrivato in redazione, ovviamente via fax, nel 2000. Elsa me lo aveva passato quasi involontariamente, solo perché narrava di Tchelistcheff del quale ho scritto più volte ed addirittura inciso un “Deep Red Stories”: era evidente per lei che per il sottoscritto il testo sarebbe stato estremamente interessante.
In quest’ottica, comunque, il prezzo, come scrive Veronelli, rappresenta una discriminante valoriale e qualitativa in termini oggettivi e influenza le scelte di ognuno in modo sostanziale in quanto, di per sé, determina una fisiologica scrematura. In pratica nel vino, come in altri prodotti o nelle opere d’arte, il prezzo ne definisce il pregio, nel senso sinestetico di valore.
Nel paragrafo a fronte, infine, Veronelli ci racconta della riconoscibilità di un vino, altro argomento spesso scottante, di questi tempi.
Io pretendo la pulizia, la tracciabilità e la riconoscibilità in un vino perché voglio captarne la geologia e l’impostazione geografica dettata dalle uve.
Questo è quello che voglio da un vino ed è quello che, seppur in altri termini, comandava Veronelli.
E’ anche vero che dedurre da una mente complessa come quella di Veronelli, che formulava pensieri di coltissima profondità, è estremamente difficile: spesso e volentieri la nota critica dell’autore costituisce un rimando alla storia stessa del personaggio, che nel caso del grande Gino è stato immenso.
Leggendo dunque questo pezzo storico e attualissimo del suo pensiero, Veronelli era, a mio avviso, un uomo del recente passato che teorizzava il futuro.